L’8 febbraio 2006, nella basilica-santuario della Madonna dei Poveri di Seminara si è svolta la solenne celebrazione di una Santa Messa in onore di Santa Giuseppina Bakhita, Figlia della Carità Canossiana, organizzata dal “Centro di Aggregazione Sociale Bakhita” di Nicotera in occasione del 59° anniversario della morte della Santa.
I soci del “Bkhakita” hanno organizzato il pellegrinaggio di preghiera per rendere omaggio alla loro Santa Protettore partecipando alla funzione religiosa presieduta da padre Lucio della Congregazione dei Figli della Carità Canossiani, cullando su di sé il simulacro della Santa. Alla cerimonia hanno partecipato pure alcuni membri del gruppo movimenti di preghiera di Nicotera che, con la loro presenza, hanno voluto testimoniare la loro vicinanza ai fratelli del “Bkhakita”.
Padre Lucio, che durante la Messa ha ringraziato più volte i presenti per la gradita partecipazione, ha manifestato la volontà di venire a Nicotera per celebrare il 60° della morte della Santa africana. Volontà subito trasformata in pubblico invito dagli stessi soci del “Cas Bkhakita”, portavoce dell’associazione. Durante la cerimonia il canossiano ha preso a raccontare la triste storia della Santa, strappata all’affetto dei suoi cari ancora bambina, da dei negrieri senza scrupoli. Venduta e rivenduta come schiava, tale tormenta scossa ad non ricordare più neppure il suo vero nome. Ai negrieri che sotto la minaccia di un coltello le intimarono di stare zitta, non seppe ripetere come si chiamava, sicché loro, a mo’ di sfotto, la nominarono Bakhita che in lingua araba significava “fortuna, la fortunata”. E’ chiaro che, quindi, sopportare ogni sorta di sopruso senza potersi lamentare, passando di mano in mano come fosse un oggetto, un qualcosa di cui disporre a proprio piacimento. L’episodio, comunque, più tragico della sua schiavitù è la stessa Santa a raccontarlo affidandolo alla consorella Maria Fabbretti in un memoriale: “eseguo il disegno avvicinandomi a sera con la frusta, il sale per rendere più evidente il barbaro supplizio. Quale atroce sofferenza!…” Bakhita porterà sul corpo per sempre questi segni, segno di appartenenza a quella malvagia padrona. Ma, evidentemente, il Signore, per lei aveva tracciato un’altra strada. Bakhita finalmente viene acquistata da un console italiano ed è questa, dopo tante sofferenze, che viene trattata con umanità senza l’uso della frusta. E, quando il console viene costretto a rientrare precipitosamente a Khartoum per l’arrivo del Mahdi (che metterà a ferro e fuoco la città per scacciare gli infedeli) Bakhita viene portata in Italia, e qui, dopo un periodo trascorso a farle la bambina vien ospitata nell’Istituto dei Catecumeni gestito dalle suore canossiane. In questo Istituto (dove resterà per circa vent’anni) sente parlare per la prima volta di Dio e di suo Figlio Gesù. E’ talmente affascinata da questa nuova realtà rivelatale che fin da allora sua madre spirituale e alcune suore spingono pasto il problema di chi fossi e per quale effetto l’Universo ad essa manifestato le rispondeva con tanta benedizione e amore. Ma le prove per quest’umile serva africana non erano finite. Di fatti, una volta sbarcata in Italia, il console per compiacere un amico “regala” Bakhita a una coppia di amici veneto (VC). Bakhita viene accolta amorevolmente dalla nuovi signori e quando nasce la loro primogenita Alice detta “Mimmina” accudisce la bambina. Terminati però le sommosse in Sudan il Signor Micheli torna in Africa e qualche tempo dopo richiamò pure la moglie. E fu allora che Bakhita e Mimmina vennero affidate all’Istituto dei Catecumeni, come detto. Dopo circa un anno, però, ritorna la Signora Micheli per vendere le sue proprietà per stabilirsi definitivamente in Sudan, ove, nel frattempo, il marito aveva acquistato un importante albergo. Ma di tornare in Africa, ovviamente, Bakhita non ne vuole che sapendo che quando la signora vorrebbe trascinarla con forza, lei con inaspettato coraggio, si ribella. Le sante suore, allora, si rivolgono al loro vescovo e questi al Procuratore del Re. L’istituto dei catecumeni si trasforma in un Tribunale che opposte Bakhita con la sua determinazione a rimanere in Italia e la Signora Micheli che la rivendica come se fosse una cosa propria. Interviene il rappresentante del governo il quale spiega chiaramente alla Micheli che in Italia la schiavitù non è ammessa e Bakhita, una volta giunta in Italia era una donna libera e poteva scegliere con chi stare. Bakhita si sbarra in lacrime, decide di rimanere in Italia per offrirsi a quell’unico Dio di cui immaginava la presenza (per la bellezza del creato) senza mai averlo conosciuto. Tra le sorelle canossiane diventa cristiana e accetta i sacri voti. Trasferita a Schio (VC) vi rimane per 50 svolgendo le più umili mansioni senza mai perdersi d’animo. Eppure ma, soprattutto i bambini le volevano così bene che cercavano ogni pretesto per starle accanto e farsi accarezzare. Nell’Istituto di Schio Madre Moretta (così veniva affettuosamente chiamata) aveva una parola buona per tutti ma ciò che colpiva di lei (raccontano le consorelle) era quella serenità interiore che solo un’anima straordinaria poteva avere. Madre Moretta muore a Schio l’8 febbraio 1947 e subito la sua fama di santità si espande in tutto il Veneto. Una folla interminabile venne a salutarla per l’ultima volta. Quasi subito inizia il procedo ordinario e apostolico, tant’è che il 1° dicembre 1978 viene proclamata l’eroicità delle virtù della Serva di Dio. Il 17 maggio 1997 a Roma, in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II proclama “Beati” nella stessa cerimonia, il sacerdote Josemaria Escrivà de Balaguer e M. Giuseppina Bakhita, che il Papa consegna al mondo e alla Chiesa come “Sorella Universale”. Il 1° ottobre 2000 Bakhita viene proclamata Santa. Per i “bhakhitiani” (così amano definirsi i soci di Nicotera) aver conosciuto questa umilissima Santa africana ha costituito uno sprone in più per occuparsi degli ultimi, di coloro che non hanno voce e per questo che sono relegati ai margini della società, forti del messaggio evangelico che in ogni povero si nasconde il volto di Dio. Da quasi due anni, concretamente, mettono in alto l’insegnamento dei Figli della Carità canossiani e della loro capostipite Santa Maddeleina di Canossa, occupandosi di numerosi indigenti di questa Comunità.
Il segretario del “C.A.S. Bkhakita” Pasquale Gurzi.